Cosa trovi in questa guida:
Massimo Pigliucci, nel suo libro “Come essere stoici“, scrive:
Lo stoicismo ci insegna inoltre a ricordare sempre che esistono cose che dipendono da noi e altre che invece non sono in nostro potere, e a convogliare i nostri sforzi sulle prime senza sprecare tempo con le seconde. Essere stoici significa perseguire l’eccellenza e adottare un comportamento virtuoso, trascorrendo il nostro tempo su questo mondo cercando di esprimerci al meglio delle nostre capacità senza mai perdere di vista la dimensione morale delle nostre azioni.
Lo stoicismo è un insieme di strumenti che ci aiuta a dirigere i nostri pensieri e le nostre azioni in un mondo caotico e imprevedibile.
Non controlliamo e non possiamo fare affidamento su eventi esterni, ma possiamo (in una certa misura) controllare la nostra mente e scegliere il nostro comportamento. La migliore definizione di Stoicismo che ho letto è la seguente:
“Lo stoicismo insegna come mantenere una mente calma e razionale, qualunque cosa ti accada e ti aiuta a capire e concentrarti su ciò che puoi controllare e a non preoccuparti e ad accettare ciò che non puoi controllare.”
In pratica, lo Stoicismo è un sistema operativo per prosperare in ambienti ad alto stress e prendere decisioni migliori.
Lo stoicismo è una filosofia greco-romana sorta intorno al 300 a.C. con Zenone di Cizio (l’odierna Cipro). Zenone era un mercante che perse tutti i suoi beni in un naufragio e giunse ad Atene con solo poche dracme in tasca. Sentendo un venditore di libri leggere alcuni passi di filosofia, rimase affascinato da quelle parole e gli chiese dove potesse trovare un filosofo. Questi gli indicò un uomo che stava passando di fronte a loro, Cratete di Tebe, e gli disse di seguirlo. Zenone obbedì e divenne un discepolo di Cratete. Tempo dopo fondò la sua scuola, che divenne presto nota con il nome di Stoà, perché i suoi membri dibattevano di filosofia sotto a un colonnato pubblico chiamato stoà poikíle, o «portico dipinto».
Lo stoicismo come scuola filosofica iniziò a tramontare intorno al III secolo, ma le idee stoiche hanno continuato a ispirare numerosi pensatori lungo tutto l’arco della storia dell’Occidente, da Paolo di Tarso ad Agostino d’Ippona, da Tommaso d’Aquino a Cartesio, da Montaigne a Spinoza. Nel Novecento lo stoicismo ha influenzato una corrente di scuole di psicoterapia evidence-based, chiamata terapia cognitivo-comportamentale (Cognitive Behavioural Therapy, CBT), il cui primo esempio risale agli anni Cinquanta con la terapia razionale emotiva comportamentale di Albert Ellis. In epoca moderna le idee di Zenone, Seneca, Epitteto e altri hanno anche ispirato un vivace movimento di nuovo stoicismo, che attrae l’interesse di individui da tutto il mondo in cerca di una via migliore per vivere le loro vite e diventare a pieno titolo membri della comunità umana.
Marco Aurelio: L’ultimo buon imperatore dell’Impero Romano, l’uomo più potente della terra, si sedeva ogni sera per riflettere sulla giornata e scrivere nel suo diario privato. Questo diario privato è stato pubblicato come il libro “Pensieri” ed è la fonte più significativa della filosofia stoica.
Epitteto: Nato schiavo, diventato leggenda. Fondò la sua scuola e insegnò a molte delle più grandi menti di Roma. I suoi insegnamenti sono stati trascritti da uno dei suoi studenti, Arriano nel suo Enchiridion, che viene spesso tradotto come “Manuale”. La traduzione letterale è: “a portata di mano“. Quindi, lo possiamo identificare più come una spada, sempre pronta ad affrontare le sfide della vita.
Seneca: Tutore e consigliere di Nerone (l’imperatore romano che in seguito lo costrinse a suicidarsi) era il miglior drammaturgo di Roma e il più saggio mediatore di potere. Era una sorta di imprenditore moderno per quei tempi. Molte delle sue lettere personali sono sopravvissute e sono state una grande fonte per lo studio della filosofia stoica.
Insieme, i documenti di questi tre principali esponenti costituiscono la base dello stoicismo. Ricorda i loro nomi, li leggerai spesso in questa guida e in questo sito.
Gli stoici consideravano il modo migliore di vivere la vita quello di vivere secondo natura, più precisamente secondo la natura umana.
Quali sono le conseguenze pratiche di questo insegnamento?
Possiamo determinarlo tramite lo studio di tre domini: fisica, logica e etica.
Nei tempi antichi questi tre termini avevano un significato molto più ampio rispetto a quello di oggi.
Per fisica gli stoici intendevano lo studio di tutte le scienze naturali, con l’aggiunta della metafisica, che ha lo scopo di comprendere le leggi che governano il mondo.
La logica includeva ciò che intendiamo oggi con questo termini, ossia lo studio formale del pensiero, ma anche la psicologia e la retorica.
L’etica non si limitava a esaminare cosa fosse giusto o sbagliato, come avviene oggi, ma era concepita in senso più ampio come la ricerca dei modi per vivere una vita piena di significato.
Quindi, per poter decidere quale sia il modo migliore di vivere (etica), bisogna comprendere come funziona il mondo (fisica) e ragionare su di esso nel modo giusto (logica).
Questo aspetto dello Stoicismo lo rende differente in parte da tutte le altre forme di auto-aiuto, che si concentrano soprattutto su come farci sentire meglio. Lo Stoicismo si occupa di questo, ma va oltre, aiutando coloro che lo praticano e il mondo che li circonda a essere migliori.
Che cosa significa aretè?
Questa parola greca solitamente viene tradotta come “virtù” o “eccellenza“. Secondo me le definizione migliore è quella di Brian Johnson: “Esprimere la versione più nobile di te stesso momento per momento”.
Vivere con aretè significa concretizzare la versione più nobile di te stesso in modo da poter realizzare la vita felice e armoniosa che gli stoici chiamano eudaimonia. Pensa all’aretè, o virtù, come a una forma di saggezza o forza che ti aiuta a fare la cosa giusta in ogni situazione. L’aretè è ciò che ti aiuta a colmare il divario tra quello che fa in realtà e quello di cui sei capace. Più grande è questo divario, più sei lontano dall’eudaimonia.
Ciascuno di noi può avvicinarsi all’obiettivo comune del vivere bene facendo progressi verso l’areté. È possibile misurare tali progressi ricorrendo a quattro tratti caratteriali generici che gli stoici presero in prestito dalla filosofia socratica. La virtù veniva suddivisa nelle quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Vivere secondo queste doti fortifica il temperamento e ti permette di intraprendere azioni generalmente degne di stima e di lode, proprio come il saggio. I tratti caratteriali opposti, immorali e iniqui, sono noti come i quattro vizi cardinali. Kakia è il termine greco opposto ad areté, ed è causa di un temperamento debole, che si traduce in comportamenti vergognosi e ignoranti.
Osserviamo le virtù cardinali più da vicino:
La virtù perfetta è un ideale che solo il saggio può raggiungere, ma è incoraggiante sapere che ciò che conta è la tua personalità nel suo insieme. Puoi dunque crescere e maturare come persona, e non importa che le tue azioni virtuose vengano osservate o meno: non serve altro che progredire e cercare di perfezionarsi. La virtù è essenzialmente una forma di saggezza pratica: equivale a sapere quale sia la cosa giusta da fare e farla per davvero. E ricorda che, pur facendo dei progressi, continuerai a mostrare dei difetti, proprio come la vite che nei primi anni produce grappoli ancora acerbi. Gli stoici, infatti, riferendosi a loro stessi, osservavano che è del tutto naturale essere imperfetti.
Se vogliamo dare il meglio di noi in ogni situazione, se vogliamo vivere con areté, allora dobbiamo essere consapevoli di ogni nostro passo. Quella che oggi definiamo “consapevolezza” veniva descritta dagli stoici con il termine “attenzione” (prosoché).
La realtà si divide in cose soggette al nostro potere e cose non soggette al nostro potere. In nostro potere sono il giudizio, l’impulso, il desiderio, l’avversione e, in una parola, ogni attività che sia propriamente nostra; non sono in nostro potere il corpo, il patrimonio, la reputazione, le cariche pubbliche e, in una parola, ogni attività che non sia nostra.
Epitteto, Manuale 1,1
È probabile che le parole di Epitteto ti suonino più familiari nella formulazione della famosa preghiera della serenità, utilizzata spesso all’interno dei programmi che seguono il metodo dei dodici passi:
Signore, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso e la saggezza per comprenderne la differenza.
Epitteto divide il mondo in due grandi gruppi: da un lato tutte quelle cose che sono sotto il nostro (completo) controllo, dall’altro quelle che non sono sotto il nostro (completo) controllo.
L’idea di base è che dobbiamo necessariamente concentrare le nostre energie mentali su ciò che è sotto il nostro completo controllo e considerare tutto il resto come indifferente. Per quanto riguarda le cose che non sono sotto il nostro completo controllo, non bisogna smettere di curarsene, ma comprendere a fondo che non c’è garanzia che queste cose indifferenti vadano come ci aspettavamo.
A questa comprensione possiamo arrivare solo tramite una pratica costante e questa pratica è il cammino verso l’ataraxía, il termine greco per dire serenità. Possiamo raggiungere la serenità allenandoci a desiderare solo ciò che è completamente sotto il nostro controllo – così saremo sereni perché otterremo sempre e solo ciò che desideriamo, nel vero senso della parola!
«Delle cose, alcune sono buone, altre cattive, altre ancora indifferenti». Epitteto e gli stoici distinguevano gli avvenimenti anche in buoni, cattivi e indifferenti. Solo le cose che dipendono da noi possono essere buone o cattive, mentre tutte quelle che non dipendono da noi vengono classificate come indifferenti.
Le cose buone e cattive sono relative soltanto al tuo comportamento. Esprimere il tuo io migliore, come abbiamo visto in precedenza, è sufficiente per raggiungere una vita felice e armoniosa, perché è tutto quello che è in nostro potere fare. Le nostre azioni sono estremamente importanti e lo sviluppo della propria personalità è tutto ciò che conta per vivere bene. Non c’è bisogno di nulla che dipenda da fattori esterni. Allo stesso modo, una vita infelice è determinata soltanto da un comportamento immorale e non ha nulla a che fare con le circostanze esterne.
Esempi del genere vengono chiamati “indifferenti preferibili”. Se fossimo in grado di scegliere, preferiremmo sempre le opzioni migliori. E lo stesso vale per gli stoici, che sono ugualmente alla ricerca di queste opzioni migliori, ma in maniera distaccata. Certamente le preferirebbero, ma non si crucciano se non si verificano. La priorità assoluta per loro rimane vivere con areté, per cui perseguono questi indifferenti preferibili soltanto a condizione che ciò non interferisca con la loro capacità di esprimere il meglio di sé.
Innanzitutto, di’ a te stesso chi vuoi essere; poi, fa’ ogni cosa di conseguenza.
– Epitteto
Come si fa a vivere bene? È questa la domanda che riassume la questione fondamentale della filosofia stoica: come vivere la propria vita, o “l’arte del vivere”. Il maestro stoico Epitteto paragonava la filosofia all’artigianato: come il legno per il falegname e il bronzo per lo scultore, così le nostre stesse vite costituiscono la materia dell’arte del vivere.
Cosa ci fa diventare bravi a vivere? Secondo Epitteto, né la ricchezza, né ricoprire un’alta carica, né essere dei condottieri. È necessario qualcos’altro. Se si vuole avere una bella grafia, bisogna esercitarsi; oppure, se si vuole essere dei bravi musicisti, occorre studiare musica. Allo stesso modo, se si vuole essere bravi a vivere, si deve perciò imparare a vivere.
“Filosofo” si traduce dal greco antico letteralmente come “amante della sapienza”, ossia colui che ama imparare a vivere, colui che desidera conquistare saggezza pratica su come vivere la propria vita. Come sostiene Epitteto, se vogliamo diventare bravi a vivere la nostra vita, dobbiamo acquisire conoscenza su come farlo. Forse ti sorprenderà, ma la filosofia è esclusivamente una questione di pratica, di imparare a modellare la nostra esistenza.
La preoccupazione principale degli stoici era applicare la filosofia alla vita di tutti i giorni. Concepivano se stessi come dei veri e propri guerrieri della mente, e credevano che la ragione fondamentale per studiare la filosofia fosse metterla in pratica.
Nel suo libro The Philosophy of Cognitive-Behavioural Therapy , Donald Robertson elabora un paragone molto efficace. Afferma che, mentre nell’antichità il filosofo ideale era un autentico guerriero della mente, nei tempi moderni «il filosofo si è trasformato in qualcosa di più libresco: non un guerriero, ma un semplice bibliotecario della mente». Basti pensare alla classica immagine del professore di filosofia vecchio e ingrigito. Noi invece vogliamo essere dei guerrieri, e la cosa più importante, dunque, non è la nostra capacità di recitare a memoria i princìpi dello Stoicismo, ma viverli concretamente nel mondo reale.
Come chiese Epitteto ai propri studenti: «Se non hai appreso in modo da dimostrar praticamente quel che hai studiato, perché mai hai studiato?».
Anche quando è tranquillo, l’animo si prepari alle difficoltà e, nella prosperità, si rafforzi contro i colpi della sorte. Il soldato in tempo di pace fa manovre, costruisce trincee senza che vi siano nemici, e si stanca con fatiche superflue per poter essere in grado di sostenere quelle necessarie; se non vuoi che uno tremi al momento delle difficoltà, fallo esercitare prima.
– Seneca
Un obiettivo fondamentale per gli stoici è la capacità di mantenere la calma e riflettere anche di fronte alle avversità. In modo che, piuttosto che andare nel panico e impazzire, tu possa vivere secondo i tuoi valori ed esprimere la versione più nobile di te.
Pensa a questo allenamento mentale come a una previsione. Prima di fare qualsiasi cosa, chiediti:
È un allenamento mirato a raggiungere la resilienza emotiva, così da essere preparato quando ti troverai in situazioni difficili, in modo da non esserne devastato. Come riassume magistralmente Ryan Holiday: “Il disastro – quel sentirsi completamente schiacciati e scioccati da un evento – rivela innanzitutto fino a che punto abbiamo ritenuto che quell’evento fosse improbabile”.
La clausola di riserva è un classico trucco degli stoici per mantenere equanimità e tranquillità. Ti aiuterà ad accettare le conseguenze delle tue azioni. Quando progetti di fare qualcosa, aggiungi la postilla “se non capiterà nulla”.
Seneca definisce la clausola di riserva tramite la formula: «il saggio si accosta ad ogni cosa con questa riserva: “se non sopraggiungerà qualche impedimento”. Farò la tal cosa, se il destino lo vorrà. Farò del mio meglio, ma in fin dei conti il risultato non è sotto il mio controllo. Non posso avere la certezza assoluta che andrà come previsto, ma farò del mio meglio.
Ti proponi di fare qualcosa sapendo che il risultato non è sotto il tuo controllo, e sei disposto ad accettare con calma che le cose potrebbero non andare come previsto.
Distaccandoci dal risultato, saremo in grado di mantenere la nostra tranquillità invece di sentirci frustrati, anche se non otteniamo il risultato sperato. La clausola di riserva è un metodo infallibile per mantenere la fiducia in te stesso:
Si tratta semplicemente di questo: sappi che a volte le cose non andranno come vorresti, anche se fai del tuo meglio, e indipendentemente da quanto tu lo possa meritare.
Il termine amor fati fu coniato dal filosofo tedesco del XIX secolo Friedrich Nietzsche. Infatti è stato proprio Nietzsche a scrivere la famosa massima: “Ciò che non mi uccide mi fortifica”.
Il significato di amor fati è l’accettazione amorevole del proprio destino, o semplicemente amare tutto ciò che accade. Questa era fondamentalmente la formula di Nietzsche per una vita felice : non desiderare che la realtà sia diversa, piuttosto accetta e persino ama qualunque cosa accada.
Quasi due millenni prima, Epitteto, uno dei capi stoici, aveva una formula simile per una vita che scorre senza intoppi:
“Non cercare che gli eventi accadano come desideri, ma piuttosto desidera che gli eventi accadano come devono accadere e la tua vita andrà bene.”
Questa è l’accettazione stoica, definita anche l’arte stoica dell’acquiescenza.
L’arte dell’acquiescenza ha a che fare con l’essere disposti ad accettare gli eventi esterni. Accetta perfino quello che la maggior parte delle persone riterrebbe “nocivo”. Secondo Epitteto, in quanto filosofi dovremmo adattarci a qualunque cosa accada, di modo che non succeda nulla contro la nostra volontà e che quello che ci auguriamo si verifichi senza dubbio. Fa’ che la tua volontà sia in armonia con ciò che effettivamente succede.
Proprio come succede al cane, ci sono moltissime cose nella nostra vita che non possiamo controllare. O accettiamo la situazione e cerchiamo di sfruttarla al meglio, o la combattiamo come un bimbo testardo, e finiamo per piangere e sentirci infelici. La scelta spetta a noi.
Ryan Holiday la spiega così:
“Arrabbiarsi per le cose che accadono vuol dire supporre erroneamente che dureranno, [e] provare risentimento per i cambiamenti significa supporre altrettanto erroneamente di avere scelta al riguardo”.
Alcuni eventi potrebbero essere estremamente spiacevoli, senza dubbio: la perdita dei nostri cari, un’alluvione che ci distrugge la casa, un licenziamento o essere bocciati a un esame. Non possiamo annullare queste situazioni, ma soltanto cercare di sopportarle con spirito nobile e cercare di trarne il meglio. La filosofia stoica ci insegna a focalizzarci su ciò che possiamo controllare, ad accettare il resto così come accade e a cercare di sfruttare le situazioni al meglio. Ciò che conta è quello che riesci a trarre da una certa situazione e il modo in cui ti poni.
Marco Aurelio ci svela un trucco a questo proposito. Paragona quello che ci succede a quello che ci prescrive il medico. Dovremmo accogliere gli avvenimenti esterni così come sono, proprio come si prende una medicina quando ce lo dice il medico, perché anche gli avvenimenti esterni sono lì per aiutarci. Quello che ci accade è la cura che ci offre la natura per diventare delle persone migliori. Queste cose accadono per noi, non contro di noi, anche se potrebbe non sembrare così.
La mente, infatti, muta e volge tutto ciò che ostacola la sua attività in libertà di agire e così ciò che era d’impedimento a quest’opera finisce per favorirla, e ciò che le ostacolava il cammino finisce per facilitarglielo.
– Marco Aurelio
“Senza dubbio una delle formule più efficaci della storia per superare qualsiasi situazione negativa” scrive Ryan Holiday a proposito della formula di Marco Aurelio sopraccitata, definendola inoltre “Una formula per migliorare se stessi non solo nonostante, ma grazie a qualsiasi cosa accada”.
Ryan Holiday ha scritto un intero libro su questo concetto, The Obstacle is the Way. L’idea di base è che le difficoltà e le sfide della vita siano degli ostacoli soltanto se le rendiamo tali. Dipende da come guardiamo a queste sfide: possiamo considerarle degli ostacoli e quindi sentirci bloccati, oppure prenderle come delle opportunità per compiere progressi.
Nello Stoicismo, infatti, i problemi sono sempre un’opportunità per mettere in pratica l’una o l’altra virtù: coraggio, umiltà, ragione, giustizia, pazienza, autodisciplina e clemenza. Niente può impedirci di farlo. La virtù è sempre sotto il nostro controllo: è sempre possibile rispondere con virtù a qualsiasi situazione.
Non importa cosa ci riservi la vita, sta a noi la scelta: ci lasceremo bloccare dalle sfide, oppure combatteremo per superarle? Possiamo decidere di farci sminuire oppure di crescere. Le avversità ci offrono una sorta di sgabello per raggiungere un livello più alto come persona. Senza questa opportunità, non possiamo crescere, e rimaniamo sempre al punto in cui siamo.
Non sono eterno, sono un uomo, una parte del tutto, come l’ora lo è del giorno. Devo sopraggiungere come l’ora e passare come l’ora.
– Epitteto
A causa di questa paura, non pensiamo alla nostra morte. Sì, agli altri può succedere, ma non a noi: ci sentiamo immortali. Eppure non lo siamo. Ma attenzione, quello che succede agli altri può succedere anche a te.
Scrive Marco Aurelio:
Come se fossi già morto e il corso della tua vita si fosse compiuto ora, vivi seguendo la natura il tempo che ti rimane come un di più.
Gli antichi Romani utilizzavano un’espressione particolare in proposito: Memento mori (“Ricordati che devi morire”). Tienilo sempre a mente, e non solo apprezzerai di più la tua vita e i tuoi cari, ma riuscirai anche a trarre molto più profitto dalle tue giornate. Marco Aurelio consiglia di ricordarcelo ogni mattina:
Quando ti alzi la mattina, pensa a quale prezioso privilegio sia essere vivi: respirare, pensare, godere, amare.
Tre sono gli ambiti nei quali deve esercitarsi chi vuol diventare uomo di perfetta virtù: il primo concernente i desideri e le avversioni, al fine di non fallire nei propri desideri e di non cadere nell’oggetto delle proprie avversioni; il secondo concernente gli impulsi e le ripulse e, insomma, il dovere, al fine di agire in modo regolato, riflessivo e senza trascuratezza; il terzo concernente la fuga dall’errore e la cautela nel giudicare e, insomma, gli assensi.
Epitteto
Questi tre ambiti – desiderio, azione e assenso – sono quelli cui sovente si assegna il nome di “discipline” stoiche.
La disciplina del desiderio (detta anche accettazione stoica) concerne la distinzione fra ciò che è opportuno e ciò che non è opportuno volere ed è a sua volta determinata dal fatto che esistono cose che sono in nostro potere e altre che non lo sono.
Tra le quattro virtù stoiche, sono due quelle che governano il desiderio: il coraggio (affrontare gli eventi e comportarsi di conseguenza) e la temperanza (regolare i nostri desideri perché siano commisurati con quanto ci è possibile ottenere).
La disciplina dell’azione (detta anche filantropia stoica, da intendersi come interesse e sollecitudine nei riguardi del prossimo), che riguarda il comportamento da assumere nel mondo, deriva da una corretta comprensione dell’etica (come dovremmo condurre la nostra vita) ed è governata dalla virtù della giustizia.
La disciplina dell’assenso (o consapevolezza stoica) ci insegna a reagire in modo appropriato alle circostanze, dando o negando assenso alle nostre prime impressioni in una determinata situazione. Questa disciplina si consegue con lo studio della logica (ciò che è ragionevole o irragionevole pensare) e necessita della virtù della saggezza.
Nel corso dei secoli, lo stoicismo è stato utilizzato dai leader più importanti, che vanno da re (Federico il Grande), presidenti (George Washington), politici, artisti e imprenditori.
Queste personalità di livello mondiale hanno usato la filosofia stoica per:
Ho preparato un elenco di personaggi del mondo degli affari, del mondo accademico, della cultura pop e dello sport, che abbracciano e usano la filosofia stoica nelle loro vite di successo. (L’elenco è in continuo aggiornamento)
Nassim Nicholas Taleb – autore dei bestseller “Il cigno nero” e “Antifragile”.
Tim Ferris – autore del bestseller “4 ore alla settimana” e protagonista di uno dei podcast più scaricati al mondo.
Arianna Huffington – Editrice, autrice di 15 bestsellers e fondatrice dell’Huffington Post.
Robert Greene – Autore dei bestsellers del NYT “Le 48 leggi del potere”, “L’arte della seduzione” e “Mastery”.
Kevin Rose – Partner di True Ventures, fondatore di Digg, Zero e Oak.
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