In generale, ciascuno di noi è come se fosse circoscritto da molti cerchi, alcuni più piccoli e altri più grandi, alcuni che circoscrivono e altri che vengono inscritti, a seconda delle loro differenti e ineguali relazioni reciproche. Il primo cerchio, che è il più vicino, è quello che la persona ha tracciato intorno alla propria mente come attorno a un centro; in questo cerchio sono inclusi il corpo e le realtà perseguite in funzione del corpo. Tale cerchio è il più piccolo e quasi tocca il proprio centro. Il secondo cerchio, che è più distante dal centro e che circoscrive il primo, è quello in cui si situano i genitori, i fratelli, la moglie e i figli. Il terzo cerchio è quello in cui si trovano gli zii e le zie, i nonni e le nonne, i figli dei fratelli e anche i cugini. Subito dopo v’è il cerchio che include i congiunti e, immediatamente dopo, quello che comprende gli appartenenti al proprio demo e poi quello che racchiude gli appartenenti alla propria tribù; dopo ancora, quello dei concittadini e poi, allo stesso modo, il cerchio delle persone delle città vicine e il cerchio degli uomini del medesimo gruppo etnico. Il cerchio più lontano e più ampio, che circoscrive tutti gli altri, è quello della razza umana. Quando si sia considerato questo, è essenziale che ognuno si sforzi di utilizzare adeguatamente ogni cosa per trarre in qualche modo i cerchi verso il centro e per trasporre le persone dai cerchi che circoscrivono a quelli inscritti. Per chi è mosso dall’amore familiare, ciò significa [considerare] i genitori e i fratelli, e ancora, per la stessa analogia, considerare i congiunti più vecchi, maschi e femmine, come nonni o zii o zie e quelli della propria età come cugini e i più giovani come figli di cugini.
Ierocle, Elementi di etica
Gli stoici hanno ereditato da Socrate il principio del cosmopolitismo e ne hanno fatto un cardine della loro filosofia. Lo stoico del II secolo d.C. Ierocle riassume questo principio immaginando le relazioni come una serie di cerchi, che a partire da noi si muovono verso l’esterno fino a includere le persone che ci sono vicine, quelle un po’ più distanti e infine l’intera umanità.
Il moderno filosofo utilitarista Peter Singer ha proposto una metafora simile, anche se là dove Ierocle parla di trarre verso il centro i cerchi esterni per avvicinare a noi ciò che hanno a cuore le altre persone, Singer, in modo equivalente, parla di espandere la nostra sfera di considerazione agli altri.
In un modo o nell’altro, il concetto è il medesimo.
Gli stoici sono giunti a questo principio tramite la loro dottrina della oikeiôsis, un termine difficile da tradurre ma che è spesso reso come appropriazione, nel senso di appropriarsi del bene degli altri in modo da considerarlo affar nostro. Si tratta di avere a cuore ciò che accade agli altri, come abbiamo naturalmente a cuore ciò che accade a noi.
L’oikeiôsis è la ragione per cui il cerchio centrale siamo noi: non perché siamo il centro dell’universo, ma perché è naturale per noi tenere al nostro benessere. Quando sviluppiamo la moralità, diventa altrettanto naturale avere a cuore il bene di coloro che ci sono più vicini, vale a dire i nostri genitori, o chi ci ha cresciuti, e i nostri fratelli e sorelle.
Gli stoici credevano che quando entriamo nell’età della ragione (circa a sette anni, una soglia approssimativa supportata dalla moderna ricerca sullo sviluppo cognitivo) acquisiamo la capacità di andare oltre l’istinto.
Sviluppando la razionalità riusciamo a comprendere che tutti gli esseri umani sono membri della nostra società e che dovremmo essere attenti anche al loro benessere, estendendo la nostra considerazione oltre coloro che ci sono capitati come parenti alla nascita. Ed è così che funziona il processo di oikeiôsis: iniziamo con i nostri istinti naturali come animali sociali, poi la ragione ci guida nell’appropriazione progressiva del bene degli altri. È per questo che dobbiamo trattare tutti in modo equo e giusto.
Qualcuno potrà argomentare che ai cerchi elencati da Ierocle gli stoici moderni possono aggiungerne altri, fino a includere ogni essere senziente e capace di sofferenza. È ciò che sostiene Peter Singer nel suo saggio fondamentale Liberazione animale. L’idea di espandere a tal punto la nostra considerazione agli animali ha rappresentato la scintilla da cui è nato il movimento animalista. Dopotutto, come sostiene correttamente un altro filosofo utilitarista (in realtà, il fondatore di questa scuola), Jeremy Bentham, nel suo Introduzione ai principi della morale e della legislazione: La domanda da porre non è: “Possono ragionare?”, né “Possono parlare?” ma “Possono soffrire?”.
Bibliografia:
– Liberazione animale di Peter Singer
– Stoicismo. Esercizi spirituali di Massimo Pigliucci
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