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L’Autoindagine del Leader: Come la Domanda “Chi sono io?” di Ramana Maharshi Ha Rivoluzionato il Mio Modo di Guidare

Era un mercoledì mattina di agosto 2023, e stavo vivendo quello che poi avrei chiamato “il mercoledì dell’apocalisse aziendale”.

Il nostro cliente più importante aveva appena comunicato che stavano considerando di interrompere la collaborazione. Un errore nel nostro sistema aveva causato perdite di dati per tre loro progetti. Il team era nel panico. I telefoni squillava incessantemente. Le email si accumulavano con un ritmo impossibile da gestire.

E io, seduto nella mia scrivania, sentivo la mente che correva all’impazzata come un criceto in una ruota:

“È la fine. Perderemo tutto. Non siamo competenti. Come spiego questa situazione agli investitori? Il team non avrà più fiducia in me. Sono un leader fallito. Dovevo prevedere questo scenario. Perché non ho messo sistemi di backup migliori?”

Per trenta minuti sono rimasto paralizzato da questo torrente di pensieri catastrofici, incapace di prendere una decisione lucida, oscillando tra panico e rabbia.

Poi, improvvisamente, mi sono ricordato di una domanda che avevo letto settimane prima negli insegnamenti di Ramana Maharshi, il saggio indiano che aveva dedicato la vita all’autoindagine:

“Chi sono io?”

Non come domanda filosofica astratta, ma come strumento chirurgico di consapevolezza. In quel momento di crisi totale, ho fatto qualcosa che non avevo mai fatto prima: ho applicato l’autoindagine alla leadership.

“Chi sta vivendo questa paura?”
“Chi sta osservando questi pensieri catastrofici?”
“Chi è consapevole di questa consapevolezza?”

E nel giro di pochi minuti, è successo qualcosa di rivoluzionario che avrebbe cambiato per sempre il mio approccio alla guida di persone.

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La Scoperta del Centro Immobile

In quei minuti di autoindagine profonda, ho fatto una scoperta che nessuna business school mi aveva mai insegnato: esiste un centro immobile dentro di noi, un testimone silenzioso che osserva tutto senza essere toccato da nulla.

I pensieri di panico continuavano ad arrivare. La crisi aziendale era ancora reale. Il cliente era ancora arrabbiato. Ma improvvisamente c’era qualcosa che osservava tutto questo dramma senza esserne travolta.

“Io non sono questi pensieri ansiosi. Io sono colui che li osserva.”
“Io non sono questa crisi. Io sono la consapevolezza che la sperimenta.”
“Io non sono questo ruolo di leader in difficoltà. Io sono la presenza che testimonia anche questo ruolo.”

Per la prima volta nella mia carriera, ho sperimentato quello che Ramana chiamava il – non l’ego che si identifica con ogni pensiero e emozione, ma la consapevolezza pura che rimane serena anche nel caos più totale.

Da quel centro immobile, ho iniziato ad agire con una chiarezza che trascendeva qualsiasi strategia mentale. Non ho eliminato la crisi – ho trasformato completamente la mia relazione con essa.

Ho chiamato il team. Ho parlato con calma e presenza. Ho organizzato un piano di recupero. Ho contattato il cliente con onestà e responsabilità. Ho gestito ogni aspetto della situazione da uno spazio di centratura che non sapevo nemmeno di possedere.

Il risultato? Non solo abbiamo risolto la crisi, ma il cliente ha apprezzato così tanto la nostra gestione trasparente e responsabile che ha rafforzato la collaborazione invece di interromperla.

Ma la lezione più importante non è stata il salvataggio del contratto. È stata la scoperta che la vera leadership non nasce dalla mente che calcola, ma dalla consapevolezza che osserva.

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L’Integrazione nel Sistema PRESENZA

Quella esperienza di agosto 2023 ha dato vita a quella che oggi è una delle tecniche fondamentali del mio Sistema PRESENZA per il pilastro GUIDARE: l’Autoindagine del Leader.

La Pratica dell’Autoindagine Leadership – Protocollo Completo:

1. Identificazione del Sé Osservatore (mattutina – 5 minuti)
Ogni giorno, durante l’Intenzione di Servizio della routine GUIDARE, dedico tempo a riconnettermi con il testimone silenzioso:

  • “Chi sta per affrontare questa giornata di leadership?”
  • “Chi osserva i pensieri sul lavoro, sui progetti, sui risultati?”
  • “Chi è consapevole anche dell’identità di ‘leader’?”

2. Disidentificazione dai Contenuti Mentali (durante le decisioni)
Prima di ogni decisione importante, applico l’autoindagine per separare la saggezza essenziale dal rumore mentale:

  • “Chi sta prendendo questa decisione?”
  • “Cosa decide l’ego-leader? E cosa vede il Sé-leader?”
  • “Qual è la scelta più saggia dal centro immobile?”

3. Accesso alla Saggezza oltre il Pensiero Reattivo (nelle crisi)
Quando emergono situazioni di stress o conflitto, uso l’autoindagine come ancora di centratura:

  • “Chi sta vivendo questa difficoltà?”
  • “Chi può osservare questa situazione senza essere trascinato nel dramma?”
  • “Da quale spazio interno posso guidare con più saggezza?”

4. Leadership dal Testimone Silenzioso (nelle interazioni)
Durante riunioni, feedback, o momenti di guida, mantengo la connessione con l’osservatore:

  • “Chi sta parlando ora? L’ego o il Sé?”
  • “Sto reagendo o sto rispondendo dalla centratura?”
  • “Come posso servire questo team dal mio centro più autentico?”

5. Trasmissione della Presenza (quotidiana)
La leadership più potente non è quello che dici o fai, ma quello che sei. Dal centro dell’autoindagine, irradio naturalmente una qualità di presenza che influenza positivamente tutto l’ambiente.

La scoperta rivoluzionaria è che quando guidi dal Sé invece che dall’ego, le persone lo sentono immediatamente e rispondono con maggiore fiducia e apertura.

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L’Applicazione Concreta: La Crisi di Novembre

A novembre 2023, ho avuto l’opportunità di testare profondamente questa pratica durante una delle sfide più difficili che il nostro team avesse mai affrontato.

Laura, una delle nostre collaboratrici più importanti, ha comunicato che stava considerando di lasciare l’azienda per un’opportunità più stimolante. Nello stesso periodo, abbiamo scoperto che un concorrente stava placcando sistematicamente i nostri clienti con offerte al ribasso.

La mia reazione abituale sarebbe stata entrare in modalità “controllo del danno“: lunghe riunioni strategiche, piani dettagliati per trattenere Sara, contrattacchi aggressivi contro la concorrenza.

Invece, ho applicato l’autoindagine del leader.

“Chi sta vivendo questa minaccia al business?”

Ho riconosciuto che era l’ego-leader – la parte di me identificata con il successo dell’azienda, con l’immagine di “leader competente”, con il bisogno di controllo sui risultati.

“Chi può osservare questa situazione dal centro immobile?”

Dal Sé-leader, la prospettiva era completamente diversa. Vedevo Laura non come un “asset da trattenere”, ma come una persona in crescita che meritava supporto nella sua evoluzione. Vedevo la concorrenza non come una minaccia esistenziale, ma come un’opportunità per migliorare il nostro valore autentico.

Con Laura, invece di cercare di convincerla a restare, ho avuto una conversazione profonda sui suoi sogni professionali e su come potevamo supportarli, sia che rimanesse con noi sia che decidesse di andare. Dal centro dell’autoindagine, era più importante il suo bene che il mio bisogno di controllo.

Con il team, invece di trasmettere ansia competitiva, ho condiviso una visione calma: “Usiamo questa situazione per diventare ancora migliori in quello che sappiamo fare.”

Il risultato? Laura ha deciso di rimanere, non perché l’abbiamo convinta, ma perché ha sentito di essere vista e supportata come persona, non solo come risorsa. I clienti “rubati” dalla concorrenza sono tornati spontaneamente quando hanno visto la differenza qualitativa del nostro approccio centrato.

Ma soprattutto, il team ha attraversato la crisi con una coesione e una fiducia che non avevano mai sperimentato prima.

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L’Applicazione nella Leadership Familiare

Da quell’inverno del 2023, ho iniziato ad applicare l’autoindagine anche al mio ruolo di padre, con risultati che hanno stupito tutta la famiglia.

Con Christian (quattordici anni), quando ha attraversato un periodo difficile a scuola con alcuni insegnanti:

Invece di entrare in modalità “papà-che-risolve-i-problemi”, ho applicato l’autoindagine:

“Chi vuole risolvere questo problema?” – L’ego-padre che si identifica con i successi del figlio.

“Chi può essere davvero utile a Christian?” – Il Sé-padre che vede e sostiene senza attaccarsi ai risultati.

Dal centro immobile, ho semplicemente chiesto: “Come posso supportarti in questa situazione?” E ho ascoltato davvero, senza agenda preimpostata.

Christian mi ha detto: “Papà, quando mi parli così mi sento capito, non giudicato.”

Con Alessandro (dieci anni), durante una delle sue crisi di rabbia:

“Chi si sta arrabbiando per la sua rabbia?” – L’ego-genitore che vuole controllo immediato.

“Chi può rimanere presente con la sua emozione?” – Il Sé-genitore che accoglie senza resistenza.

Dal testimone silenzioso, ho potuto rimanere calmo e presente mentre lui esprimeva la sua frustrazione, aiutandolo a attraversare l’emozione invece di reprimerla.

Con Gaia (otto anni), nelle sue paure notturne:

“Chi ha paura della sua paura?” – L’ego-protettore che vuole eliminare ogni disagio.

“Chi può essere una presenza rassicurante?” – Il Sé-genitore che trasmette sicurezza dal proprio centro.

Maria Giovanna ha notato il cambiamento: “È come se fossi diventato più… solido. I bambini si calmano più facilmente quando li ascolti.”

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Gli Errori che Ho Commesso

Nel primo anno di applicazione dell’autoindagine alla leadership, ho commesso tre errori significativi che voglio condividere per risparmiarti confusione e frustrazione.

Errore #1: Confondere il Sé con l’indifferenza
All’inizio, interpretavo male il “centro immobile”. Pensavo significasse essere distaccato o emotivamente freddo. Ho imparato che il Sé è estremamente presente e compassionevole – non è indifferente, è centrato.

Errore #2: Usare l’autoindagine come tecnica di controllo
Per alcuni mesi, ho cercato di usare l’autoindagine per gestire meglio gli altri o per ottenere risultati specifici. Ma l’autoindagine vera non è un tool manageriale – è un risveglio alla propria natura essenziale.

Errore #3: Aspettarsi risultati immediati
Inizialmente mi aspettavo che l’autoindagine risolvesse magicamente ogni problema di leadership. Ho capito che è una pratica che si approfondisce nel tempo e che i suoi effetti sono sottili ma profondi.

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I Risultati Misurabili

Dopo diciotto mesi di autoindagine applicata alla leadership, posso osservare alcuni cambiamenti profondi nel mio modo di guidare e nell’ambiente che creo:

Presenza nelle decisioni: Le decisioni prese dal centro immobile sono più sagge e durature di quelle prese dalla mente reattiva.

Qualità delle relazioni: Le persone rispondono diversamente quando senti che stai parlando dal Sé invece che dall’ego. C’è più fiducia e apertura spontanea.

Gestione delle crisi: Non vivo più le difficoltà come minacce personali, ma come situazioni che richiedono la migliore versione della mia leadership.

Crescita del team: Quando il leader non è attaccato al controllo, le persone si sentono libere di esprimere il loro potenziale autentico.

Energia sostenibile: Guidare dal Sé è molto meno faticoso che guidare dall’ego, perché non c’è resistenza interna costante.

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La Pratica Quotidiana

Oggi, l’autoindagine del leader è integrata naturalmente nel mio Sistema PRESENZA:

Come fondazione quotidiana: Durante la routine mattutina del pilastro GUIDARE, mi connetto con il testimone silenzioso prima di entrare nel ruolo di leader.

Come bussola nelle decisioni: Ogni scelta importante viene filtrata attraverso la domanda: “Chi sta decidendo? E qual è la scelta più saggia dal centro?”

Come ancora nelle tempeste: Nei momenti di crisi o incertezza, l’autoindagine mi riporta immediatamente al centro immobile da cui posso guidare con chiarezza.

Ma la scoperta più importante è che l’autoindagine del leader non ti rende un leader perfetto. Ti rende un leader autentico. E l’autenticità è il linguaggio universale che tutti riconoscono e a cui tutti rispondono.

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L’Invito alla Leadership Autentica

Se dovessi suggerire un punto di partenza semplice per sperimentare l’autoindagine nella leadership, ti inviterei a fare questo esperimento la prossima volta che ti trovi in una situazione stressante o conflittuale:

Prima di reagire, fai una pausa e chiedi ti: “Chi sta vivendo questa situazione? Chi sta osservando questi pensieri e queste emozioni?”

Non cercare una risposta intellettuale. Semplicemente resta nello spazio che si apre con quella domanda.

Da quello spazio di consapevolezza pura, osserva come cambia naturalmente il tuo approccio alla situazione. Parli diversamente? Ascolti diversamente? Decidi diversamente?

L’autoindagine del leader ti insegna che non devi essere un leader perfetto per essere efficace. Devi essere un leader presente. E la presenza nasce sempre dal riconoscimento di chi sei veramente oltre ogni ruolo, oltre ogni identità, oltre ogni risultato.

È la rivoluzione più profonda della leadership moderna: scoprire che la vera autorità non viene da quello che sai o da quello che controlli, ma da quello che sei quando tutto il resto scompare.

Perché quando guidi dal tuo centro immobile, le persone non seguono il tuo ruolo o la tua posizione. Seguono la tua presenza autentica. E quella presenza, quella consapevolezza pura che sei veramente, è l’unica cosa che nessuna crisi potrà mai toccare.

Come diceva Ramana Maharshi: “Il vero Sé è sempre presente, sempre consapevole. Non è qualcosa da raggiungere, ma qualcosa da riconoscere.”

E quando riconosci il tuo Sé autentico, ogni atto di leadership diventa un atto di risveglio – tuo e di chi hai il privilegio di guidare.


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