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La Lezione Stoica del Mio Terzo Fallimento: Cosa Fai Quando l’Unica Cosa che Puoi Controllare Sei Tu

Era un martedì pomeriggio di fine gennaio 2021.

Ricordo la pioggia fitta che batteva contro la finestra del mio piccolo studio, un rumore monotono che sembrava l’eco del vuoto che sentivo dentro.

Sullo schermo del portatile, una pagina di Google Sheets era aperta.

Conteneva solo tre colonne: “Entrate”, “Uscite”, “Saldo”. L’ultima cella in basso, quella del saldo, mostrava un numero rosso, preceduto da un segno meno.

Quel numero non rappresentava solo un bilancio aziendale.
Rappresentava la fine.

La fine del mio terzo tentativo imprenditoriale, un progetto di consulenza digitale in cui avevo investito tutto quello che mi era rimasto dopo i due fallimenti precedenti: gli ultimi risparmi, un anno di notti insonni e, soprattutto, l’ultima goccia di speranza.

Chiusi il portatile con un gesto lento, quasi cerimoniale. Non c’era rabbia, non c’era sorpresa.

Solo un silenzio pesante, assordante. In quel silenzio, una singola, devastante consapevolezza prese forma: avevo fallito. Di nuovo.

A 45 anni, con una moglie e tre figli che dormivano nella stanza accanto, non ero un imprenditore digitale. Ero un fallito seriale.

Quella sera, a cena, faticavo a guardare Maria Giovanna negli occhi. Non le dissi nulla, ma lei capì. Le madri e le mogli hanno un sesto senso per il peso del mondo sulle spalle del proprio uomo.

Io sorridevo ai bambini, chiedevo dei loro compiti, ma mi sentivo un impostore. Il mio ruolo, la mia identità di “uomo che provvede”, si era sbriciolata. E non avevo idea di cosa fare dopo.

Le settimane che seguirono furono un limbo.

Passavo le giornate a fissare lo schermo, inviando curriculum senza convinzione, cercando una via d’uscita che non riuscivo a vedere. La vergogna era un cappio stretto alla gola. Evitavo le telefonate degli amici, inventavo scuse per non uscire. Ogni “come va?” sembrava un’accusa.

Il fallimento non era più qualcosa che mi era successo; era diventato quello che ero.

Quando il Mondo Crolla, Trova Ciò Che Resta in Piedi

Una notte, incapace di dormire, mi alzai e andai in salotto.

Vagavo senza meta tra gli scaffali della libreria, passando le dita sulle coste dei libri come un non vedente in cerca di un appiglio.

Il mio sguardo cadde su un piccolo libro dalla copertina usurata che non aprivo da anni: il “Manuale” di Epitteto.

Lo avevo comprato tempo prima, attratto dall’idea dello Stoicismo, ma lo avevo sempre considerato una filosofia troppo astratta, troppo distante dalla realtà frenetica del business.

Quella notte, non avevo più un business. Avevo solo la realtà.

Lo aprii a caso. E le prime parole che lessi mi colpirono con la forza di una rivelazione:

“Ci sono cose che sono in nostro potere e cose che non sono in nostro potere. In nostro potere sono il giudizio, l’impulso, il desiderio, l’avversione, e in una parola, tutto ciò che è opera nostra. Non in nostro potere sono il corpo, i beni, la reputazione, le cariche pubbliche, e in una parola, tutto ciò che non è opera nostra.”

Rilessi quella frase dieci, venti volte.

In quel momento, in quel salotto buio, il mondo si capovolse. Per mesi, avevo combattuto una battaglia disperata contro cose che erano completamente fuori dal mio controllo: la reazione del mercato, l’algoritmo di Google, la crisi economica, il giudizio dei potenziali clienti.

Avevo investito il 100% delle mie energie nel tentativo di manipolare l’esterno, esaurendomi in una lotta persa in partenza.

Epitteto, uno schiavo liberato vissuto duemila anni fa, mi stava offrendo la chiave. Mi stava dicendo: “Marco, smetti di combattere la battaglia sbagliata. C’è un altro campo di gioco, un campo dove hai il controllo totale, assoluto. E quel campo è dentro di te.”

Quella notte capii che il fallimento mi aveva tolto tutto, tranne l’unica cosa che contava davvero. Mi aveva tolto i clienti, ma non la mia capacità di essere onesto. Mi aveva tolto i soldi, ma non la mia disciplina. Mi aveva tolto la reputazione di “imprenditore”, ma non il mio carattere di uomo.

Questa è la Dicotomia del Controllo. Ed è il più grande strumento di liberazione che un essere umano possa scoprire.

Vivere la Dicotomia: Diario di una Ricostruzione

Nei mesi successivi, quel principio divenne la mia pratica quotidiana, il mio sistema operativo. Non era una formula magica, ma un esercizio costante di discernimento.

Ogni mattina, davanti a una difficoltà o a una paura, mi chiedevo: “Qual è la parte di questa situazione che è in mio potere, e qual è la parte che non lo è?”.

  • Il risultato dei miei colloqui di lavoro? Non in mio potere. Dipendeva dall’intervistatore, dagli altri candidati, dalle esigenze aziendali.
    • Cosa era in mio potere? Prepararmi al meglio possibile. Presentarmi con onestà e integrità. Controllare la mia reazione, sia in caso di successo che di rifiuto. Accettare l’esito con equanimità.
  • Cosa pensavano di me i miei amici o la mia famiglia? Non in mio potere. Le loro percezioni erano un loro affare, basate sulle loro esperienze e filtri.
    • Cosa era in mio potere? Il mio comportamento. Essere un marito presente nonostante la paura. Essere un padre amorevole. Essere un amico sincero, anche nel momento della mia massima vulnerabilità. Il mio carattere era il mio unico, vero biglietto da visita.
  • La situazione economica generale? Non in mio potere.
    • Cosa era in mio potere? La gestione delle mie giornate. Invece di passare il tempo a lamentarmi o a subire passivamente gli eventi, creai una nuova routine. Sveglia alle 6:00. Meditazione. Esercizio fisico. E poi, la cosa più importante: dedicavo otto ore al giorno non a “cercare lavoro”, ma a “costruire il nuovo me”. Studiavo. Leggevo i filosofi, approfondivo le strategie di business che non avevo mai avuto tempo di studiare, scrivevo le mie riflessioni. Stavo investendo sull’unico asset che nessuno avrebbe mai potuto pignorarmi: me stesso.

Questo cambiamento di focus fu la mia salvezza.

Smettere di ossessionarmi per gli esiti esterni e concentrarmi maniacalmente sulla qualità delle mie azioni interne mi liberò da un peso enorme. L’ansia non sparì, ma smise di paralizzarmi. La paura rimase, ma divenne un’informazione, non un comandante.

Per la prima volta, capii che la vera resilienza non è la capacità di non cadere mai. È la consapevolezza che, anche quando sei a terra, con la faccia nel fango, la tua libertà di scegliere come rispondere non ti può essere tolta da nessuno.

Come Applicare la Dicotomia del Controllo Oggi

Non devi aspettare un fallimento devastante per integrare questo principio nella tua vita. La Dicotomia del Controllo è uno strumento da usare qui e ora, nel traffico, durante una discussione, prima di una presentazione importante.

Ecco tre esercizi pratici che puoi iniziare oggi.

1. L’Esercizio dei Due Cerchi

Prendi un foglio e disegna due cerchi concentrici, come un bersaglio. Nel cerchio interno, scrivi “In Mio Potere”. Nel cerchio esterno, scrivi “Non in Mio Potere“.

Ora, pensa a una situazione che ti sta causando stress. E inizia a distribuire gli elementi di quella situazione nei due cerchi.

Esempio: una riunione di lavoro difficile.
Nel cerchio esterno: la reazione del tuo capo, le domande che ti faranno, l’umore dei colleghi, il risultato finale della riunione.
Nel cerchio interno: la qualità della tua preparazione, la chiarezza con cui esporrai le tue idee, la tua capacità di ascoltare senza reagire d’impulso, la tua calma, la tua onestà.

Questo esercizio visivo sposta immediatamente il tuo focus da dove è impotente a dove è potente.

2. Il Diario Stoico Serale

Prima di andare a dormire, prenditi cinque minuti per rispondere a tre domande, come suggeriva Seneca:

  1. Cosa ho fatto bene oggi (in termini di ciò che era in mio potere)? (Es: “Ho risposto con calma a un’email provocatoria“).
  2. Cosa avrei potuto fare meglio (in termini di ciò che era in mio potere)? (Es: “Avrei potuto prepararmi di più per quella telefonata invece di improvvisare“).
  3. In quali momenti mi sono turbato per cose fuori dal mio controllo? (Es: “Mi sono arrabbiato perché il treno era in ritardo”).

Questa pratica non serve a giudicarti, ma ad allenare il muscolo del discernimento giorno dopo giorno.

3. La Clausola di Riserva

Questo è uno strumento avanzato, ma potentissimo.

Aggiungi mentalmente a ogni tuo obiettivo la frase “…se nulla di esterno me lo impedisce” o “…fato permettendo”. Non è un pensiero pessimista, ma un atto di realismo radicale.

“Completerò questo report entro le 17:00, se il server non va in crash”.
“Farò un ottimo allenamento, se il mio corpo me lo permette”.

Questo non diminuisce il tuo impegno; lo protegge. Ti impegni al 100% nel processo (in tuo potere), ma ti distacchi dall’esito (non in tuo potere). Questo crea un’incredibile libertà interiore.

Quel fallimento, che sembrava la fine del mondo, è stato in realtà l’inizio della mia vera vita. Mi ha insegnato che il successo esterno è fragile e imprevedibile.

La fortezza interiore, invece, costruita sulla roccia di ciò che possiamo controllare, è inespugnabile. È da quella fortezza che ho ricostruito tutto, non come prima, ma meglio di prima.

Con più saggezza, più umiltà e, soprattutto, più Presenza.


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