Che cosa fa il filosofo? Come ricerca la verità?

Attraverso un paragone, divenuto celebre, fra il lavoro dell’ostetrica e quello del filosofo, Socrate sostiene che il compito del filosofo non è quello di proporre affermazione vere, ma favorire la nascita della verità nell’anima dell’interlocutore.

Il lavoro che conduce a tale risultato, un vero e proprio processo di gestazione, prevede un metodo di ricerca maieutico, basato sul colloquio individuale, sull’ascolto e sull’obiezione, e sul sistematico uso dell’ironia per sconvolgere le difese intellettuali precostituite.

L’opera in cui viene descritto alla perfezione questo procedimento è il Teeteto di Platone.
Ecco il brano dove Socrate illustra il suo metodo:

Socrate vuole essere un ostetrico di anime

SOCRATE: Oh, mio piacevole amico! Tu non hai sentito dire che io sono figliuolo d’una molto brava e vigorosa levatrice, di Fenarete?
TEETETO: Questo sì, l’ho sentito dire. Socrate E che io esercito la stessa arte lo hai sentito dire?
TEETETO: No, mai!

SOCRATE: Sappi dunque che è così. Tu però non andarlo a dire agli altri. Non lo sanno, caro amico, che io possiedo quest’arte e, non sapendolo, non dicono di me questo, bensì ch’io sono il più stravagante degli uomini e che non faccio che seminare dubbi. Anche questo l’avrai sentito dire, non è vero?
TEETETO: Sì.
SOCRATE: E vuoi che te ne dica la ragione?
TEETETO: Volentieri.

SOCRATE: Vedi di intendere bene che cos’è questo mestiere della levatrice, e capirai più facilmente che cosa voglio dire. Tu sai che nessuna donna, finché sia in stato di concepire e di generare, fa da levatrice alle altre donne, ma quelle soltanto che non possono più generare. TEETETO: Sta bene.
SOCRATE: La causa di ciò dicono sia stata Artemide, che ebbe in sorte di presiedere ai parti benché vergine. Ella dunque a donne sterili non concedette di fare da levatrici, essendo la natura umana troppo debole perché possa chiunque acquistare un’arte di cui non abbia avuto esperienza; assegnò dunque codesto ufficio a quelle donne che per l’età loro non potevano più generare, onorando in tal modo la somiglianza che esse avevano con lei. TEETETO: Naturale.

SOCRATE: E non è anche naturale, anzi necessario, che siano le levatrici a riconoscere meglio di tutti se una donna è incinta o no?
TEETETO: Certamente.
SOCRATE: E non sono le levatrici che, somministrando farmaci e facendo incantesimi, possono svegliare i dolori o renderli più miti se vogliono, e facilitare il parto a quelle che stentano, e anche far abortire, se credono di fare abortire, quando il feto è ancora immaturo?
TEETETO: È vero.

SOCRATE: E non hai mai osservato di costoro anche questo, che sono abilissime a combinare matrimoni, esperte come sono a conoscere quale uomo e quale donna si hanno da congiungere insieme per generare i figlioli migliori?
TEETETO: Non sapevo codesta cosa.
SOCRATE: E allora sappi che di questa loro arte esse menano più vanto assai che del taglio dell’ombelico. Pensa un poco: credi tu che sia la medesima arte o siano due arti diverse il raccogliere con ogni cura i frutti della terra, e il riconoscere in quale terra qual pianta vada piantata e qual seme seminato?
TEETETO: La medesima arte, credo. Socrate E quanto alla donna, credi tu che altra sia l’arte del seminare e altra quella del raccogliere?
TEETETO: No, non mi pare.
SOCRATE: Non è infatti. Se non che, a cagione di quell’accoppiare, contro legge e contro natura, uomo con donna, a cui si dà nome di ruffianesimo, le levatrici, che badano alla loro onorabilità, si astengono anche dal combinare matrimoni onesti, per paura, facendo questo, di incorrere appunto in quell’accusa; mentre soltanto alle levatrici vere e proprie si converrebbe, io credo, combinare matrimoni come si deve.
TEETETO: Mi pare.

SOCRATE: Questo dunque è l’ufficio delle levatrici, ed è grande, ma pur minore del mio. Difatti alle donne non accade di partorire ora fantasmi e ora esseri reali, e che ciò sia difficile da distinguere: perché se codesto accadesse, grandissimo e bellissimo ufficio sarebbe per le levatrici distinguere il vero e il non vero; non ti pare?
TEETETO: Sì, mi pare.

SOCRATE: Ora, la mia arte di ostetrico in tutto il rimanente rassomiglia a quella delle levatrici, ma ne differisce in questo, che opera sugli uomini e non sulle donne, e provvede alle anime partorienti e non ai corpi. E la più grande capacità sua è che io riesco, per essa, a discernere sicuramente se fantasma e menzogna partorisce l’anima del giovane, oppure se cosa vitale e reale.

Poiché questo ho in comune con le levatrici, che anch’io sono sterile… di sapienza; e il biasimo che già tanti mi hanno fatto, che interrogo sì gli altri, ma non manifesto mai io stesso su nessuna questione il mio pensiero, ignorante come sono, è verissimo biasimo.

E la ragione è appunto questa, che il dio mi costringe a fare da ostetrico, ma mi vietò di generare. Io sono dunque, in me, tutt’altro che sapiente, né da me è venuta fuori alcuna sapiente scoperta che sia generazione del mio animo; quelli invece che amano stare con me, se pur da principio appaiono, alcuni di loro, del tutto ignoranti, tutti quanti poi, seguitando a frequentare la mia compagnia, ne ricavano, purché il dio glielo permetta, straordinario profitto: come vedono essi medesimi e gli altri.

Ed è chiaro che da me non hanno imparato nulla, bensì proprio e solo da se stessi molte cose e belle hanno trovato e generato; ma d’averli aiutati a generare, questo sì, il merito spetta al dio e a me. Ed eccone la prova. Molti che non conoscevano ciò, e ritenevano che il merito fosse tutto loro, e mi guardavano con certo disprezzo, un giorno, più presto che non bisognasse, si allontanarono da me, o di loro propria volontà o perché istigati da altri; e, una volta allontanatisi, non solo il restante tempo non fecero che abortire, per mali accoppiamenti in cui capitarono, ma anche tutto ciò che con l’aiuto mio avevano potuto partorire, per difetto di allevamento lo guastarono, tenendo in maggior conto menzogne e fantasmi che la verità; e finirono con l’apparire ignoranti a se stessi e agli altri.

Ce n’è poi che tornano a impetrare la mia compagnia e fanno per riaverla cose stranissime; e se con alcuni di loro il demone che in me è sempre presente mi impedisce di congiungermi, con altri invece lo permette, e quelli ne ricavano profitto tuttavia. Ora, quelli che si congiungono meco, anche in questo patiscono le stesse pene delle donne partorienti: perché hanno le doglie, e giorno e notte sono pieni di inquietudine assai più delle donne. E la mia arte ha il potere appunto di suscitare e al tempo stesso di calmare i loro dolori. Così è dunque di costoro.

Ce n’è poi altri, o Teeteto, che non mi sembrano gravidi; e allora codesti, conoscendo che di me non hanno bisogno, mi do premura di collocarli altrove; e, diciamo pure, con l’aiuto del dio, riesco assai facilmente a trovare con chi possano congiungersi e trovar giovamento. E così molti ne maritai a Pròdico, e molti ad altri sapienti e divini uomini. Ebbene, mio eccellente amico, ho tirata in lungo questa storia perché ho il sospetto che tu, e lo pensi tu stesso, sia gravido e abbia le doglie del parto. E dunque affidati a me, che sono figliolo di levatrice e ostetrico…

Che se poi, esaminando le tue risposte, io trovo che alcuna di esse è fantasma e non verità, e te la strappo di dosso e te la butto via, tu non sdegnarti con me come fanno per i loro figlioli le donne di primo parto. Già molti hanno verso di me questo malanimo, tanto che sono pronti addirittura a mordermi se io cerco di strappare loro di dosso qualche scempiaggine; e non pensano che per benevolenza io faccio questo, lontani come sono dal sapere che nessun dio è malevolo agli uomini; né in verità per malevolenza io agisco, ma solo perché non reputo lecito accettare il falso.

La maieutica costituisce una delle più famose metafore del socratismo, diventata un punto di riferimento anche nella moderna scienza dell’educazione.

BIBLIOGRAFIA:
Storia della filosofia vol.1 di Giovanni Reale
Socrate di Giovanni Reale
Filosofia, antologia illustrata di Ubaldo Nicola

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