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Autorevolezza vs Autorità: Come Ho Imparato a Guidare dal Centro Invece che dall’Ego

Era un giovedì mattina di ottobre 2023, e stavo per commettere uno degli errori di leadership più imbarazzanti della mia carriera.

La riunione settimanale del team stava prendendo una piega che non mi piaceva. Sara, una delle mie collaboratrici più brillanti, aveva appena proposto un approccio completamente diverso per un progetto importante – un approccio che, se devo essere onesto, era probabilmente migliore del mio.

Ma invece di riconoscerlo, ho sentito qualcosa di primitivo attivarsi dentro di me. L’ego ferito che sussurrava: “Se accetti la sua idea, penseranno che non sai cosa fai. Devi mantenere l’autorità. Devi dimostrare chi comanda qui.”

Così ho fatto quello che fanno molti leader insicuri: ho iniziato a smontare la sua proposta con argomentazioni sempre più forzate, cercando di affermare la mia posizione non attraverso la qualità delle idee, ma attraverso il potere della gerarchia.

“Apprezzo il tuo contributo, Sara, ma credo che la mia esperienza in questo campo mi permetta di vedere aspetti che forse non hai considerato…”

Le parole mi uscivano dalla bocca mentre una parte di me osservava con orrore quello che stavo facendo. Stavo trasformando quella che avrebbe potuto essere una discussione costruttiva in una dimostrazione di forza. Stavo creando quello che poi avrei imparato a chiamare “l’eco chamber dell’ego”.

Il silenzio che è seguito nella sala riunioni mi ha detto tutto quello che dovevo sapere. Non avevo vinto un dibattito. Avevo perso il rispetto del mio team.

Quella sera, seduto nel mio studio con un senso di vergogna che non riuscivo a scrollarmi di dosso, ho riletto alcune pagine delle Meditazioni di Marco Aurelio e mi sono imbattuto in una frase che mi ha colpito come un pugno nello stomaco:

“La più grande vittoria è conquistare se stessi.”

In quel momento ho capito che stavo confondendo due concetti completamente diversi: autorità e autorevolezza. E che questa confusione stava sabotando non solo la mia leadership, ma anche la crescita del mio team.

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La Scoperta della Differenza Fondamentale

Nei giorni successivi mi sono immerso nello studio di questa distinzione che avrebbe rivoluzionato completamente il mio approccio alla leadership.

L’autorità è posizione. L’autorevolezza è presenza.
L’autorità comanda. L’autorevolezza ispira.
L’autorità ha bisogno di yes-men. L’autorevolezza attira menti brillanti.
L’autorità teme il confronto. L’autorevolezza lo cerca.
L’autorità nasce dall’esterno. L’autorevolezza nasce dall’interno.

La differenza più profonda che ho scoperto è questa: l’autorità ha bisogno di dimostrare costantemente di esistere. L’autorevolezza semplicemente è.

Un leader autorevole non ha bisogno di ricordare agli altri che è il leader. Non ha bisogno di avere sempre l’ultima parola. Non ha bisogno di essere il più intelligente della stanza. Perché la sua forza non viene dal ruolo che ricopre, ma dalla persona che è diventata.

Ho iniziato a osservare i leader che rispettavo davvero – non quelli che temevo o a cui obbedivo, ma quelli che seguivo volentieri. Tutti avevano una qualità in comune: quella che i filosofi stoici chiamavano “umiltà intellettuale“.

L’umiltà intellettuale non è sottovalutarsi. È riconoscere i propri limiti senza drammi. È essere abbastanza sicuri di sé da ammettere quando si sbaglia. È vedere il team come una fonte di saggezza collettiva, non come un pubblico da conquistare.

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L’Integrazione nel Sistema PRESENZA

Quella lezione di ottobre si è trasformata in una pratica sistematica che oggi è uno dei pilastri centrali del mio Sistema PRESENZA per il guidare autentico.

La Pratica della Leadership Centrata – Protocollo Completo:

1. Check-in dell’Ego (mattutino – 5 minuti)
Durante la routine del pilastro GUIDARE, parte dell’Intenzione di Servizio include un check-in onesto:

  • “In quali situazioni di ieri ho agito dall’ego invece che dal centro?”
  • “Dove ho sentito il bisogno di dimostrare la mia autorità?”
  • “Come posso servire il team oggi invece di impressionarlo?”

2. Autoindagine del Leader (settimanale – 20 minuti)
Ogni domenica, applico l’autoindagine di Ramana Maharshi al mio ruolo di leader:

  • “Chi è colui che ha bisogno di essere riconosciuto come leader?”
  • “Qual è la differenza tra Marco-persona e Marco-ruolo?”
  • “Da quale spazio interno voglio guidare questa settimana?”

3. Pratica dell’Ascolto Puro (nelle riunioni)
Prima di ogni meeting importante, mi ricordo: “Il mio lavoro non è avere tutte le risposte. È creare lo spazio per le migliori domande.”

4. Test della Minaccia (quando sento resistenza)
Quando qualcuno nel team propone qualcosa che va contro le mie idee, invece di reagire istintivamente, mi chiedo:

  • “Perché questa proposta mi mette a disagio?”
  • “Sto proteggendo il progetto o il mio ego?”
  • “Cosa succederebbe se avessero ragione?”

5. Celebrazione delle Vittorie Altrui (quotidiana)
Ogni giorno, cerco attivamente un modo per riconoscere pubblicamente il contributo di qualcuno del team. Non come strategia manipolativa, ma come pratica di umiltà genuina.

La magia di questo approccio è che quando smetti di avere bisogno di essere il leader, diventi naturalmente uno che vale la pena seguire.

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L’Applicazione nel Team

Il mese successivo all’episodio con Sara, ho deciso di testare questa nuova filosofia nel modo più diretto possibile: ho chiamato una riunione del team per scusarmi.

“Ho riflettuto molto sulla nostra discussione del progetto,” ho iniziato, sentendo il cuore che batteva forte. “E ho realizzato che ho reagito dall’ego invece che dall’apertura. La proposta di Sara era eccellente, e invece di riconoscerlo, ho sentito il bisogno di difendere la mia posizione. Mi scuso con Sara e con tutti voi.”

Il silenzio che è seguito era diverso da quello di ottobre. Non imbarazzato, ma sorpreso. Sara è stata la prima a parlare:

“Marco, il fatto che tu riconosca questo ci dice molto di più sulla tua leadership di qualsiasi idea brillante che potresti avere.”

Da quel momento, ho iniziato a sperimentare consapevolmente con un approccio diverso:

Invece di entrare nelle riunioni con la mia agenda, entravo con curiosità genuina per quello che il team aveva scoperto.

Invece di essere il primo a parlare, spesso ero l’ultimo, dopo aver sentito tutte le prospettive.

Invece di difendere le mie idee, le proponevo come ipotesi da testare insieme.

Invece di cercare conferme, cercavo attivamente obiezioni intelligenti.

I risultati sono stati sorprendenti. Il team ha iniziato a portare idee più coraggiose, a fare domande più profonde, a prendersi più responsabilità. Non perché io glielo ordinassi, ma perché sentivano di avere uno spazio sicuro per eccellere.

Marco, uno dei membri più giovani del team, dopo tre mesi mi ha detto: “È strano, ma ora che non senti più il bisogno di dimostrare di essere il leader, ti seguiamo molto di più volentieri.”

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L’Applicazione Familiare

L’inverno del 2023, ho portato questi principi anche nella mia leadership familiare, con risultati che hanno sorpreso tutti noi.

Invece di essere “il papà che ha sempre ragione”, ho iniziato a essere “il papà che sa anche non sapere”.

Quando Christian, allora tredici anni, mi ha sfidato su una regola familiare che trovava ingiusta, invece di rispondere con l’autorità del ruolo (“Perché lo dico io”), ho risposto con l’autorevolezza dell’apertura:

“Hai ragione a questionare questa regola. Spiegami il tuo punto di vista e vediamo se possiamo trovare qualcosa che funzioni meglio per tutti.”

Il risultato? Una conversazione di due ore che ha portato a regole familiari più intelligenti e a un rapporto più profondo con mio figlio.

Quando Alessandro ha avuto problemi a scuola, invece di arrivare con soluzioni preconfezionate, ho detto: “Io ho delle idee, ma tu conosci la situazione meglio di me. Cosa pensi che potrebbe funzionare?”

Quando Gaia ha pianto per un litigio con un’amica, invece di minimizzare o dare consigli immediati, ho semplicemente chiesto: “Come posso aiutarti in questo momento?”

La differenza è stata trasformativa. I bambini hanno iniziato a venire da me non solo quando erano in difficoltà, ma anche quando avevano idee, sogni, domande profonde. Perché avevano imparato che papà non era lì per giudicare o controllare, ma per sostenere e guidare.

Maria Giovanna ha notato il cambiamento: “È come se fossi diventato più… solido. Meno bisognoso di dimostrare qualcosa.”

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Gli Errori che Ho Commesso

Nel primo anno di transizione dall’autorità all’autorevolezza, ho commesso tre errori significativi che voglio condividere per risparmiarti confusione e frustrazioni.

Errore #1: Confondere umiltà con debolezza
All’inizio, ho interpretato male l’umiltà intellettuale. Pensavo significasse non avere mai opinioni forti o non prendere mai decisioni difficili. Ho imparato che l’autorevolezza include anche il coraggio di fare scelte impopolari quando necessario – ma dalla centratura, non dall’ego.

Errore #2: Pendolo estremo
Per alcuni mesi sono passato dall’essere troppo autoritario all’essere troppo passivo. Evitavo di esprimere le mie opinioni per paura di sembrare egoistico. Ho capito che l’autorevolezza non è assenza di leadership, ma leadership centrata.

Errore #3: Aspettarsi cambiamenti immediati
Inizialmente mi aspettavo che il team rispondesse immediatamente al mio nuovo approccio. Ma la fiducia si costruisce nel tempo. Alcune persone hanno impiegato mesi per credere che il cambiamento fosse autentico e duraturo.

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I Risultati Misurabili

Dopo diciotto mesi di pratica della leadership centrata, posso misurare alcuni cambiamenti profondi nel mio modo di guidare e nell’ambiente che creo:

Qualità delle decisioni: Le decisioni prese dal team sono mediamente migliori di quelle che prendevo da solo, perché incorporano prospettive multiple e intelligenza collettiva.

Engagement del team: Le persone partecipano attivamente invece di aspettare passivamente direttive. Propongono, questionano, si prendono iniziative.

Crescita individuale: Ogni membro del team è cresciuto più velocemente perché si sente sicuro di sperimentare, sbagliare, imparare.

Resilienza organizzativa: Quando sono assente o sovraccarico, il team continua a funzionare eccellentemente perché non dipende dalla mia presenza costante.

Soddisfazione personale: Non vivo più nell’ansia costante di dover dimostrare il mio valore. La leadership è diventata un’espressione naturale invece che uno sforzo faticoso.

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La Pratica Quotidiana

Oggi, la leadership centrata è integrata naturalmente nel mio Sistema PRESENZA:

Come modo di essere: Durante la routine mattutina del pilastro GUIDARE, mi centro nella mia identità essenziale prima di entrare nel ruolo di leader.

Come approccio alle decisioni: Ogni scelta importante viene filtrata attraverso la domanda: “Sto decidendo dall’ego o dal servizio?”

Come stile di comunicazione: Nelle interazioni quotidiane, cerco di essere più curioso che convincente, più aperto che difensivo.

Ma la scoperta più importante è che l’autorevolezza non è qualcosa che conquisti o perdi. È qualcosa che coltivi quotidianamente attraverso la pratica dell’autoindagine, dell’umiltà intellettuale, e del servizio autentico.

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L’Invito alla Leadership Autentica

Se dovessi suggerire un punto di partenza semplice per sperimentare la leadership centrata, ti inviterei a fare questo esperimento la prossima volta che ti trovi in una situazione di leadership:

Invece di entrare nella conversazione con l’agenda di dimostrare la tua competenza, entra con la curiosità di scoprire quello che non sai ancora.

Invece di essere il primo a parlare, sii l’ultimo. Ascolta tutto quello che gli altri hanno da dire prima di condividere il tuo punto di vista.

Quando qualcuno propone qualcosa che va contro le tue idee, invece di reagire istintivamente, fai una pausa e chiediti: “Cosa potrei imparare da questa prospettiva?”

Alla fine dell’interazione, osserva come ti senti e come hanno risposto gli altri. Eri più o meno influente? Ti sentivi più o meno centrato?

La leadership autentica ti insegna che non devi essere perfetto per essere autorevole. Devi essere autentico. Non devi avere tutte le risposte per essere seguito. Devi fare le domande giuste.

Perché alla fine, la vera autorevolezza non nasce da quello che sai, ma da chi sei. E chi sei si rivela non quando comandi, ma quando servi. Non quando dimostri, ma quando ascolti. Non quando controlli, ma quando ti fidi.

È il paradosso più bello della leadership: quando smetti di aver bisogno di essere il leader, diventi il leader che tutti vorrebbero seguire.


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