Mercoledì 9 luglio 2025, ore 11:15 del mattino.
Ero nel mio studio, immerso in uno di quei rari stati di flusso in cui le parole sembrano scriversi da sole. Stavo lavorando a un saggio sull’integrazione tra lo stoicismo e la leadership di servizio, e sentivo l’energia creativa scorrere limpida.
Il profumo del secondo caffè della giornata si mescolava al silenzio operoso della casa.
Dalla finestra, il sole estivo di Salerno batteva forte, ma qui dentro regnava una pace quasi monastica. È in momenti come questi che il lavoro smette di essere lavoro e diventa pura espressione.
Poi, il ping.
Un suono secco, quasi violento, che ha squarciato la bolla di concentrazione. Una notifica di una nuova email. L’oggetto era vago: “Una domanda sui tuoi progetti”. L’ho aperta senza pensarci, quasi con fastidio per l’interruzione. E l’ho letta.
Le parole mi hanno colpito come uno schiaffo a freddo. Non era una domanda. Era un attacco. Un lungo, articolato e velenoso atto d’accusa contro di me e il mio lavoro. L’autore mi definiva un “fuffaguru”, un “venditore di banalità riciclate”, uno che mischia filosofie a caso solo per creare un prodotto da vendere. Mi accusava di non avere una vera profondità, di essere solo un altro marketer che ha fiutato l’affare della crescita personale.
La prima reazione è stata fisica.
Un calore che mi è salito dal petto al viso. Le mani si sono strette, il respiro si è fatto corto. Il mio primo impulso è stato quello di rispondere, di smontare ogni sua accusa punto per punto, di scrivergli una replica così tagliente da fargli rimpiangere di avermi scritto.
Ma mentre le mie dita già volavano sulla tastiera, un’altra voce, più calma e antica, si è fatta strada. Era la voce di Seneca, che mi sussurrava all’orecchio una delle sue lezioni più potenti: il veleno fa male solo se lo bevi. E io stavo per tracannare l’intera fiala.
Ho chiuso il portatile di scatto. Non potevo rispondere in quello stato. Sarei stato solo un burattino in mano alla mia reattività, e avrei dato a quello sconosciuto un potere enorme: quello di rubarmi la pace.
Mi sono alzato e sono uscito in giardino, lasciando l’email a pulsare di luce tossica nel buio dello studio.
Mentre camminavo avanti e indietro sotto il sole, le frasi di quell’uomo continuavano a rimbombarmi in testa. La parte più dolorosa era che non era una critica stupida. Era intelligente, mirata. Aveva toccato tutti i miei punti deboli, tutte le insicurezze che ogni tanto ancora mi visitano: la paura di non essere abbastanza preparato, il timore che la mia sintesi tra filosofie diverse venga vista come superficialità, il dubbio di non essere degno di insegnare questa saggezza.
Quell’email era uno specchio che rifletteva le mie paure più profonde. Per questo faceva così male.
Mi sono seduto su una panchina e ho iniziato a fare quello che lo stoicismo mi ha insegnato a fare nei momenti di crisi: osservare i miei pensieri senza identificarmi. Ho visto l’ego ferito che gridava vendetta. Ho visto la paura che mi diceva: “Vedi? Hanno ragione, sei un impostore”. Ho visto la rabbia, la vergogna, il dubbio. Li ho osservati come nubi che passano nel cielo della mia consapevolezza.
È in quel momento che mi è tornato in mente un passaggio di Seneca che avevo letto durante la mia routine mattutina, poche ore prima. Parlava di come gli insulti e le critiche siano come frecce scagliate da un arciere. Se indossi un’armatura, le frecce rimbalzano senza ferirti. Se sei nudo, ti trafiggono. L’armatura, per gli stoici, non è l’indifferenza, ma la ragione e il giudizio corretto.
Ho capito che dovevo smettere di concentrarmi sulla freccia e iniziare a lavorare sulla mia armatura. Ho deciso di trattare quell’email non come un attacco personale, ma come un esperimento filosofico. Potevo usare quella situazione per praticare attivamente ciò che studiavo passivamente ogni giorno.
Sono rientrato in studio, ho preso un foglio e una penna, e ho tracciato una linea in mezzo. A sinistra ho scritto “Veleno“. A destra, “Medicina“.
Nella colonna “Veleno” ho trascritto tutte le parti dell’email che erano puro attacco, giudizio, insulto: “fuffaguru”, “superficiale”, “venditore”. Ho riconosciuto che quella era la parte tossica, l’intenzione di ferire dell’altro, e ho preso la decisione cosciente di non “berla“. Non mi riguardava.
Poi mi sono dedicato alla colonna “Medicina“.
Con grande fatica, ho riletto il testo cercando di distillare, goccia a goccia, qualsiasi cosa potesse essere un feedback utile, spogliato del suo involucro velenoso. Mi accusava di mischiare troppe cose? Forse la mia comunicazione non era ancora abbastanza chiara nel mostrare il filo rosso che le lega. Diceva che ero un marketer? Forse dovevo essere ancora più attento a far emergere il servizio e non la vendita.
Era un lavoro doloroso, ma incredibilmente trasformativo. Stavo trasformando, alchemicamente, un attacco in un’opportunità di crescita.
Questa esperienza mi ha insegnato la vera natura della “cittadella interiore” di cui parla Marco Aurelio. Non è un muro impenetrabile che ci isola dal mondo. È piuttosto un laboratorio alchemico, un luogo protetto dentro di noi dove possiamo portare gli eventi esterni per analizzarli, scomporli e trasformarli. Il vero feedback non è ciò che gli altri ci dicono. Il vero feedback è ciò che risuona dentro di noi quando lo dicono.
La critica di quell’uomo ha fatto male perché ha toccato un nervo scoperto, una mia insicurezza. E questa è stata l’informazione più preziosa di tutte. Mi ha mostrato dove dovevo ancora lavorare su me stesso, dove la mia armatura era ancora sottile. La sua intenzione era di ferirmi, ma il risultato è stato di rendermi più forte, perché mi ha costretto a rinforzare le mie fondamenta.
Questa pratica di trasformazione del veleno in medicina è un’applicazione diretta e integrata dei quattro pilastri:
- EVOLVERE: È il cuore di questa lezione. Usare un ostacolo (la critica) non come un blocco, ma come carburante per la crescita, applicando la disciplina stoica per trasformare un’impressione negativa in un’azione virtuosa.
- ESSERE: La pratica mi ha costretto a pormi la domanda: “Chi è che si sente offeso?“. Non il mio Sé autentico, ma il mio ego, la mia identità di “bravo coach”. Riconoscere questo mi ha permesso di disidentificarmi dalla ferita e operare da uno spazio di maggiore presenza e stabilità.
- GUIDARE: Come posso guidare gli altri ad essere resilienti se io stesso crollo di fronte a una critica? La mia risposta (o non-risposta) all’email è diventata un atto di leadership silenziosa. Insegno con l’esempio, non solo con le parole.
- REALIZZARE: La “medicina” che ho distillato l’ho usata concretamente per affinare la comunicazione del progetto PRESENZA, per rendere più chiaro il valore dell’integrazione, per assicurarmi che ogni cosa che faccio nasca da un’intenzione di servizio. La critica, alla fine, ha migliorato il risultato.
Non siamo responsabili di quello che gli altri ci lanciano addosso, ma siamo totalmente responsabili di cosa decidiamo di farne. Possiamo berlo come veleno e stare male, oppure possiamo analizzarlo, distillare la medicina e usarla per diventare più sani e più forti.
Ecco cosa puoi provare questa settimana:
Questa è una pratica potente che chiamo “La Distillazione Stoica”. Usala la prossima volta che ricevi una critica, un feedback duro o un commento che ti ferisce.
- Non Reagire. Pausa: La prima e più importante regola. Appena ricevi la critica, non fare nulla. Non rispondere, non giustificarti, non rimuginare. Alzati, bevi un bicchiere d’acqua, fai due passi. Crea uno spazio tra lo stimolo e la tua risposta.
- Prepara il Laboratorio: Prendi un foglio di carta e dividilo in due colonne con una riga verticale. Intesta la colonna di sinistra “Veleno” e quella di destra “Medicina”.
- Isola il Veleno: Nella colonna di sinistra, trascrivi tutte le parti della critica che sono puramente emotive, offensive, generiche o distruttive. Gli insulti, le generalizzazioni (“sei sempre…“), i giudizi sulla tua persona. Riconoscili per quello che sono: il dolore dell’altra persona, non un’informazione su di te.
- Distilla la Medicina: Ora viene la parte difficile e trasformativa. Rileggi la critica e cerca di estrarre nella colonna di destra qualsiasi cosa, anche la più piccola, che potrebbe essere un’informazione oggettiva o un’osservazione specifica su un tuo comportamento o su un tuo lavoro, spogliandola del tono offensivo. Chiediti: “Se facessi finta che questa persona volesse aiutarmi, cosa potrei imparare da questa frase?”.
- Compi l’Atto Alchemico: Accartoccia la parte del foglio con la colonna “Veleno” e gettala via, fisicamente. È un atto simbolico per decidere consapevolmente di non ingerire la tossina. Tieni solo il foglio con la colonna “Medicina” e rifletti su come puoi usare quell’1% di informazione utile per crescere.
Questo esercizio ti allena a smettere di essere una vittima delle opinioni altrui e a diventare un alchimista che trasforma qualsiasi cosa in oro per la propria evoluzione.
Non ho mai risposto a quell’email. La mia risposta non era nelle parole, ma nelle azioni delle settimane successive. Ho usato la “medicina” per rendere il mio messaggio più forte, più chiaro e più autentico. La vera vittoria non è mai zittire un critico. È ringraziarlo silenziosamente per averti mostrato una crepa nella tua armatura, dandoti l’opportunità di ripararla e renderla più solida di prima.
Qualche giorno dopo, mio figlio Christian, che con i suoi quattordici anni ha un radar infallibile per gli stati d’animo, mi ha trovato assorto.
“Papà, tutto bene? Sembri strano in questi giorni”.
Gli ho spiegato brevemente la situazione, senza entrare nei dettagli velenosi.
Lui mi ha ascoltato attentamente e poi mi ha detto: “Beh, se non ti conoscesse, come potrebbe sapere chi sei davvero?”.
Nella sua semplicità, aveva riassunto tutta la filosofia stoica.
Il giudizio degli altri si basa su un’immagine parziale di noi. Solo noi, nella nostra cittadella interiore, conosciamo la verità di chi siamo e l’intenzione delle nostre azioni. E quella è l’unica opinione che conta davvero.
La prossima settimana ti racconterò di quella volta che abbiamo dovuto prendere una decisione difficile per il futuro scolastico di Christian e di come l’insegnamento più controintuitivo di John Wooden – “Le cose riescono meglio per chi le fa riuscire al meglio” – ci ha mostrato la via, non per trovare la scelta “giusta”, ma per rendere giusta la nostra scelta.
Se vuoi approfondire uno dei quattro pilastri:
• Stoic Life Daily: La newsletter quotidiana per rendere lo stoicismo pratico e accessibile ogni giorno. Principi, riflessioni e pratiche stoiche per vivere con più presenza e resilienza.
• Essenzialismo: La community per vivere “meno ma meglio”. Idee, pratiche e approfondimenti quotidiani su essenzialismo, stoicismo e zen. Premium con articoli esclusivi, guide pratiche e risorse audio.
• La Piramide del Successo: Newsletter e percorsi per integrare i principi di John Wooden nella vita e nel lavoro. Il primo e unico approfondimento italiano sul modello che ha reso campioni generazioni di atleti e professionisti.
• Io Sono, dunque penso: Il percorso settimanale di autoindagine e spiritualità pratica. Riflessioni, pratiche di consapevolezza e strumenti per vivere con più presenza, ispirato ai grandi maestri della spiritualità.
P.S. Queste newsletter sono una conversazione settimanale, ma la vera trasformazione avviene nella pratica quotidiana e nel confronto con altri ricercatori.
Se senti il bisogno di portare questi principi dalla teoria alla vita vissuta, in un ambiente protetto e di supporto, ti invito a raggiungermi nel Cerchio della Presenza.
È la nostra community privata dove discutiamo, pratichiamo e cresciamo insieme, applicando i 4 pilastri per navigare le sfide reali di ogni giorno. Non è un altro gruppo social, ma un laboratorio di trasformazione.

