Domenica 8 giugno 2025, ore 6:02 del mattino.
Il mio studio è avvolto nel silenzio. Fuori, il mio paese dorme ancora, e l’unico suono è il borbottio sommesso della macchina del caffè.
La prima luce dell’alba disegna un rettangolo pallido sulla parete di fronte a me, illuminando la libreria dove i volti di Marco Aurelio, John Wooden e Ramana Maharshi mi osservano dalle loro cornici.
Sulla scrivania, il portatile è aperto su una bozza di contratto.
I numeri sono scritti in un nero così netto da sembrare un verdetto: un’offerta di consulenza a lungo termine da parte di una grossa azienda tech.
Una cifra che, qualche anno fa, avrebbe rappresentato la soluzione a ogni problema. Sicurezza, stabilità, la fine delle notti passate a chiedersi se la strada intrapresa fosse quella giusta.
Eppure, non riesco a cliccare “Accetta”.
I miei occhi si spostano dall’email a una sedia vuota nell’angolo della stanza. È la sedia che uso per le mie sessioni di autoindagine mattutine.
In quel momento mi appare come uno specchio. Vuota. Proprio come mi sentirei io se accettassi quel contratto.
Stavo per vendere la mia anima in cambio della sicurezza, e quella sedia vuota sembrava urlarmelo in silenzio.
È lì che ho capito che la decisione che avevo di fronte non riguardava soldi o carriera.
Riguardava una domanda molto più profonda, una domanda che il mio maestro spirituale, Ramana Maharshi, mi aveva insegnato a usare non come una fuga dal mondo, ma come il fondamento per ogni azione autentica al suo interno: “Chi sono io?”.
La proposta era arrivata quasi per caso, tramite un contatto di vecchia data.
Un colosso della tecnologia stava cercando un coach per ottimizzare le performance dei suoi team di sviluppo. Volevano implementare un sistema per “massimizzare la produttività” ed “eliminare i tempi morti”.
Le parole che usavano mi suonavano come chiodi su una lavagna. Erano l’esatto opposto della filosofia che stavo faticosamente costruendo, quella del “rallentare per accelerare davvero”.
Per una settimana intera ho vissuto in un limbo.
La mia mente pratica, quella forgiata da tre fallimenti e dalla necessità di provvedere a una famiglia di cinque persone, faceva i conti. “Marco, è un’opportunità irripetibile,” mi dicevo. “Puoi accettare e, nel frattempo, continuare a costruire i tuoi progetti. Puoi usare i loro soldi per finanziare la tua visione.”
Sembrava logico. Sembrava responsabile. Sembrava la cosa giusta da fare.
Ma ogni volta che provavo a convincermi, sentivo una stretta allo stomaco. Era il mio corpo che mi diceva la verità che la mia mente cercava di ignorare.
Una sera, a cena, ne ho parlato con Maria Giovanna. Le ho mostrato i numeri, le ho spiegato la stabilità che ci avrebbe garantito. “Sarebbe una bella tranquillità, no?” le ho detto, cercando più la sua approvazione che il suo parere.
Lei mi ha guardato, posando la forchetta.
Conosce il mio percorso meglio di chiunque altro. Ha visto le mie ceneri e le mie rinascite. “Certo che lo sarebbe,” ha risposto con calma. “Ma tu saresti felice? Saresti ancora tu, a insegnare agli altri come essere più produttivi secondo le loro regole, quando passi ogni giorno a scrivere che la vera sfida è essere più presenti?”.
Le sue parole mi hanno colpito più di mille ragionamenti. Aveva centrato il punto.
Il conflitto non era tra un’opportunità e un’altra. Era tra l’identità di “Marco Mignogna, il professionista che coglie le occasioni” e quella più profonda che stavo cercando di scoprire.
Quella sera sono andato a letto con un’ansia sorda, la sensazione di essere un impostore. Insegnavo agli altri l’importanza dell’allineamento, e stavo per tradire me stesso per un contratto.
Il mattino seguente, mi sono seduto sulla mia sedia per la pratica quotidiana.
Di solito, la mia routine è strutturata: Upa Yoga, studio, revisione dei principi di Wooden. Ma quella mattina ho saltato tutto.
Sentivo il bisogno di andare dritto al cuore del problema.
Ho chiuso gli occhi e ho lasciato che la domanda di Ramana Maharshi affiorasse, non come un mantra, ma come un bisturi.
Chi sono io?
Sono il padre che deve garantire sicurezza ai suoi figli? Sì, ma non solo. Sono l’imprenditore che ha paura di fallire di nuovo? Sì, ma non solo. Sono il coach che ha bisogno di conferme esterne? Anche, ma non solo.
Continuavo a investigare.
Ogni volta che emergeva un’identità, il marito responsabile, il professionista affermato, l’uomo del sud che non butta via le opportunità, la osservavo e poi chiedevo di nuovo: “Ma chi è che sta osservando questa identità?”.
Lentamente, strato dopo strato, è successo qualcosa.
Le identità hanno iniziato a perdere il loro potere. Non erano “me”, ma costrutti mentali, ruoli che interpretavo. E sotto tutti quei ruoli, c’era qualcos’altro.
Una presenza silenziosa, una consapevolezza che non aveva bisogno di un contratto per sentirsi al sicuro. Quella consapevolezza era la sicurezza.
È stato come svegliarsi.
La decisione è diventata improvvisamente chiara, quasi banale. Non c’era più una scelta da fare. C’era solo un’azione da compiere in allineamento con la mia natura più profonda.
Rifiutare quel contratto non era più un rischio, ma l’unica mossa possibile per rimanere integro.
La vera sicurezza non risiedeva nei 10.000 euro al mese. Risiedeva nella pace che deriva dal non tradire chi sei veramente.
La lezione che ho imparato in quella settimana di giugno va molto oltre il business.
Ho scoperto che l’autoindagine non è una pratica spirituale da confinare in un angolo della giornata. È il fondamento di ogni decisione coraggiosa che siamo chiamati a prendere.
Noi non prendiamo decisioni nel vuoto; le prendiamo a partire da un’identità.
Se l’identità da cui operi è “la persona spaventata che ha bisogno di sicurezze esterne”, prenderai decisioni basate sulla paura. Se operi dall’identità “del professionista che deve dimostrare il suo valore”, prenderai decisioni basate sull’ego.
La domanda “Chi sono io?” di Ramana Maharshi è rivoluzionaria perché non ti dà una nuova identità migliore. Fa qualcosa di molto più potente: dissolve quelle false.
Ti riporta a quello spazio di pura consapevolezza da cui puoi osservare i ruoli senza identificarti con essi. Da quello spazio, le decisioni non nascono più dalla reattività, ma da una chiarezza profonda.
Questo processo integra naturalmente tutti e quattro i pilastri della mia filosofia:
- ESSERE: È l’atto stesso dell’autoindagine, il radicamento nella propria natura autentica prima di ogni azione. È la fondazione.
- EVOLVERE: La vera crescita non era nel contratto più grande, ma nella scelta di rinunciare alla sicurezza apparente per rimanere fedele al mio percorso. Ho applicato l’essenzialismo più radicale: ho detto no a una grande opportunità per poter dire un “sì” più profondo a me stesso.
- GUIDARE: Che tipo di leader sarei, per i miei figli e per la mia community, se predicassi l’autenticità e poi agissi per pura convenienza? Come insegna John Wooden, il carattere si vede nelle scelte difficili.
- REALIZZARE: Rifiutare quell’offerta è stato l’atto di realizzazione più potente di quel periodo. Non stavo realizzando un profitto, ma la mia integrità. E da quell’integrità sono nati poi tutti i progetti successivi, incluso PRESENZA, che erano davvero allineati.
La vera sicurezza non è avere un paracadute. È sapere di poter volare. E quella capacità non viene da un contratto esterno, ma dall’allineamento con la vastità che scopri quando smetti di credere di essere solo i piccoli ruoli che interpreti.
Ecco cosa puoi provare questa settimana:
Questa non è una tecnica per prendere decisioni migliori, ma una pratica per agire da uno spazio più autentico. Chiamiamola “L’Inventario delle Identità”.
- Identifica una Decisione: Pensa a una scelta importante che stai affrontando in questo periodo. Può essere professionale, personale, relazionale. Scrivila su un foglio.
- Elenca i Personaggi: Sotto la decisione, elenca tutte le “identità” o i “personaggi” dentro di te che hanno un’opinione al riguardo. Ad esempio: “Il Genitore Responsabile”, “Il Professionista Ambizioso”, “Il Figlio che non vuole deludere”, “La Persona che ha Paura del Giudizio”, “L’Anima Ribelle”. Sii onesto e scrivine il più possibile.
- Dai loro Voce: Per ogni personaggio, scrivi una o due frasi che riassumano la sua posizione. Esempio: “Il Genitore Responsabile dice: ‘Prendi il lavoro sicuro, la famiglia viene prima di tutto’”.
- Poni la Domanda Investigativa: Ora, rileggi la lista. Per ogni identità, chiediti con calma: “Questa è la totalità di ciò che sono, o è solo un ruolo che sto interpretando in questo momento?”. Non cercare una risposta. Poni solo la domanda.
- Siediti nel Silenzio dell’Osservatore: Per 5 minuti, chiudi gli occhi. Immagina tutti questi personaggi su un palcoscenico di fronte a te. Tu non sei sul palco. Sei seduto in platea, a osservarli. Non devi fare nulla, non devi scegliere. Semplicemente, osserva. Nota come, da questa prospettiva, nessuna singola voce ha il potere assoluto. Tu sei lo spazio che li contiene tutti.
Non aspettarti una risposta immediata. Lo scopo di questo esercizio è allentare la presa delle identità limitanti, per permettere a una saggezza più profonda di emergere naturalmente nei giorni a venire.
Quando ho finalmente scritto l’email per rifiutare l’offerta, ho guardato di nuovo la sedia vuota nel mio studio. Non mi sembrava più vuota. Mi sembrava piena. Piena della presenza silenziosa che avevo contattato quella mattina.
Era la presenza di chi sono veramente, al di là di ogni titolo, contratto o paura.
Più tardi, quel giorno, mio figlio di mezzo, Alessandro, mi ha visto pensieroso e mi ha chiesto: “Papà, a cosa pensi?”. Gli ho risposto: “A una scelta di lavoro, Ale”. Lui, con la logica disarmante dei suoi dieci anni, mi ha guardato e ha detto: “Perché non fai solo le cose che ti piacciono?”.
Non sapeva nulla del contratto o dei miei dilemmi. Ma in quel momento, la sua voce mi è sembrata quella dell’universo stesso, che mi ricordava la verità più semplice.
La vera sicurezza è la gioia che provi quando le tue azioni sono un’espressione di chi sei. E quella gioia non ha prezzo.
La prossima settimana ti racconterò di quella critica velenosa ricevuta via email a luglio, e di come Seneca mi ha insegnato a trasformare il veleno in medicina. Vedremo come il vero ‘feedback’ non è quello che ti dicono gli altri, ma quello che risponde la tua cittadella interiore.
Se vuoi approfondire uno dei quattro pilastri:
• Stoic Life Daily: La newsletter quotidiana per rendere lo stoicismo pratico e accessibile ogni giorno. Principi, riflessioni e pratiche stoiche per vivere con più presenza e resilienza.
• Essenzialismo: La community per vivere “meno ma meglio”. Idee, pratiche e approfondimenti quotidiani su essenzialismo, stoicismo e zen. Premium con articoli esclusivi, guide pratiche e risorse audio.
• La Piramide del Successo: Newsletter e percorsi per integrare i principi di John Wooden nella vita e nel lavoro. Il primo e unico approfondimento italiano sul modello che ha reso campioni generazioni di atleti e professionisti.
• Io Sono, dunque penso: Il percorso settimanale di autoindagine e spiritualità pratica. Riflessioni, pratiche di consapevolezza e strumenti per vivere con più presenza, ispirato ai grandi maestri della spiritualità.

